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| Ossola Umoristica Le disgrazie della Valle Anzasca (Vittorio D'Avino) Nove sono le disgrazie della Valle Anzasca e io qui le registro fedelmente perchè tutti possono guardarsene
in caso di qualche loro gita a Macugnaga o qualche altro villaggio che allieta le verdi sponde dell'Anza.
Guardatevi adunque, o miei gentili lettori, secondo il consiglio della più canuta sapienza ossolana, dalla
"mucarola" di Cimamulera. Tempi furono in cui la Chiesa di questo ameno paesello, era in tale miseria da
non potersi neppur permettere il lusso di uno spegnitoio; e il sacrista per spegnere le candele sull'altare
era costreto ad agitare più volte il cappello, e servirsi del medesimo come di cappa per soffocare le
fiammelle riottose. Ora quella Chiesa è in condizioni un pò migliori, ma è ancora assai povera, tanto è
vero che un mio amico parroco si è messo a fare il poeta per quadagnarsi qualche soldo per restaurarla.
Internandovi nella valle, o miei dolcissimi lettori, guardatevi bene dai "rugaziun da Castiui", perchè quelle
processioni per burroni e precipizii, o attraverso ripide chine sono sovente interrotte da grida di spavento
o di terrore. I confratelli sospendono le litanie per correre in fondo a qualche vallone, o internarsi in una
forra a raccattare una vecchia, un fanciullo che vi sono precipitati rompendosi qualche osso, ma per
fortuna salvando la pelle.
Se non vi garba formarvi una coscienza elastica non imitate il "laura d'festa" dei Calaschesi, i quali,
ottenuto il permesso di lavorare in giorni festivi per fabbricare più sollecitamente la Chiesa Parrocchiale,
continuarono poi a lavorare in festa anche dopo che il maestoso Tempio era compiuto.
Se a Calasca dovete fuggire il troppo lavoro, a Bannio non dovete cadere nel vizio opposto:
"ul sògn da Bani". Vuole infatti l'opinione popolare che i buoni banniesi non siano troppo attivi
nel servizio divino, nelle processioni, negli uffici prescritti alle Confraternite etc., onde la loro
sonnolenza spirituale fu designata col nome di sògn da Bani. Anche nel grazioso villaggio di Anzino vi sono delle disgrazie, secondo il motto popolare, (che
stavolta è un pò irriverente e biasimevole) e sono i "Pater noster da Anzin", cioè quella sequela
di Pater che si sogliono colà recitare dopo la Messa, in onore di Sant'Antonio, e che da alcuni è
trovata troppo lunga a causa della loro divozione troppo corta.
Nella Parrocchia di San Carlo fate in modo di non dover sperimentare a vostre spese che cosa siano
"i piatt da San Carl", se ci sono ancora. Un tempo, durante le funzioni, quattro o cinque collettori giravano
per la Chiesa raccogliendo l'elemosina per diverse opere pie con dei piati che facevano passare sotto
il naso dei devoti, i quali molte volte non sapevano in quale di essi mettere l'unica moneta disponibile.
A Vanzone sono famosi "i capitul da Vanzun", cioè le radunanze delle diverse Contraternite. Erano
generalmente tre o quattro gatti, ma andavano d'accordo come cani e gatti. Guardatevi poi anche da "la pressa d' Cepmuril". A Ceppomorelli infatti si fa tutto a vapore: dicono
alcuni maligni che persino le processioni si fanno in gran fretta e che i Confratelli si spogliano
della loro divisa prima che la processione sia finita.
L'ultima disgrazia l'è "ul cantà da Macugnaga". In quella Chiesa si canta così forte che i cantori
non hanno nessuna pietà, ne dei loro polmoni, ne delle orecchie altrui. (Vittorio D'Avino, poeta dialettale, Il suo vero nome era Giuseppe Salina, nato a Varzo il 29 aprile 1877. Fu parroco a Cimamulera dal 1905 al 1922. Autore di molte opere dialettali. Morì a Varzo il 17 gennaio1949) Edited by BODRI 86 - 25/6/2012, 16:39
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