La valle del Rosa

Macugnaga - Valanga "Rio Valle", 9 gennaio 2018

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view post Posted on 9/1/2018, 16:12
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MACUGNAGA: LE IMMAGINI DELLA SLAVINA SCESA SOPRA IL PARAVALANGHE DEL "RIO VALLE", POCO PRIMA DELL'ABITATO DEL PONT DEL VAUD.....E CONTINUA A NEVICARE!!


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NEL LONTANO 1972, A MACUGNAGA SUCCESSE UN FATTO CHE FECE PARLARE IL MONDO.......
(Da un articolo dell'amico Teresio Valsesia per "La Stampa" del 23-1-2017)


Prigioniera di una valanga per 44 ore era ormai stata considerata morta. Invece è stata salvata dal fiuto di un cane di nome Zacho. Il caso, avvenuto a Macugnaga nel marzo del 1972, è entrato nella storia dei salvataggi di montagna ed è tornato di attualità in questi giorni nella stazione sciistica ai piedi del Rosa per la tragedia che ha colpito l’hotel Rigopiano di Farindola dove stanno operando anche soccorritori dal Vco.

Sabato 11 marzo di 45 anni fa. L’intero Piemonte è flagellato da violente bufere di neve e dalle alluvioni. Se lo ricordano bene quelli di Macugnaga, che per diversi giorni sono rimasti isolati dalle valanghe.

Gli impianti di sci prudenzialmente fermi. Una slavina danneggia uno skilift. Enormi cumuli di neve bloccano le strade e costringono la gente a uscire dal primo piano delle case. Si passano le ore spalando e sperando che finisca.
Anche i due para-valanghe sulla strada di Macugnaga sono completamente ostruiti dalla massa nevosa.


Cinquecento turisti
In paese ci sono circa 500 turisti, molti tedeschi e inglesi. Nessuno si muove dagli alberghi. Nessuno osa avventurarsi verso la valle, nemmeno con gli sci. Ma una canadese di 40 anni, Margaret Leyland, di Toronto, decide di scendere. Deve raggiungere l’aeroporto di Linate per rientrare dopo la settimana bianca e ha già dovuto rinviare il ritorno a causa delle interruzioni. Con lei c’è il marito John, anch’egli determinato a sfidare il pericolo del continuo scoscendimento di masse nevose.

Le guide tentano invano di fermarli. La strada è ridotta a un minuscolo sentiero, che corre fra muri di neve. Arrivati nei pressi di frazione Pestarena, i due vengono travolti mentre cercano di attraversare il canalone più pericoloso. Lui procede una decina di metri davanti alla moglie e con un balzo si mette in salvo. Lei viene travolta e scompare, inghiottita dalla valanga. È mezzogiorno e sulla montagna non c’è nessuno. John Leyland cerca disperatamente di scavare nella neve con le mani e grida disperato in cerca di un aiuto impossibile. Alla fine, esausto, scende di corsa al primo paese, Ceppo Morelli.

Scatta l’allarme
Un trentina di soccorritori (guide, volontari del soccorso alpino e finanzieri del Sagf), muniti di sonde e di pale, perlustrano il cono di deiezione della valanga largo circa duecento metri, scendendo fino al torrente. Si pensa che la donna possa essere stata trascinata nel fondo valle. Sono ore di ricerche condotte in modo completo e razionale per evitare di lasciare spazi insondati. Nessun segno di vita. Con la notte vengono sospese. Domenica mattina si riprende con la stessa determinazione anche se incomincia a serpeggiare lo scoraggiamento. Dopo tutte quelle ore è impossibile che Margaret Leyland sia ancora viva.

Principio di congelamento
Intanto Renato Cresta, uno dei soccorritori, contatta Alberto Borgna di Mondovì, conduttore di un cane da valanga, che si mette prontamente in viaggio nonostante il maltempo generale e le interruzioni stradali. Lunedì, alle prime luci dell’alba, accompagnato da Cresta, capitano degli alpini in congedo, lascia libero il suo fedele Zacho. Il cane annusa circospetto, poi inizia subito a scavare forsennatamente nella neve. I due si precipitano e dopo oltre un’ora riescono a estrarre la donna. È miracolosamente illesa, solo qualche traccia di congelamento alle mani. Margaret Leyland è rimasta 44 ore prigioniera della neve. Da giovane ha fatto la scout e ha messo in atto gli insegnamenti ricevuti in Canada allargando con le mani i blocchi di neve per crearsi uno spazio di aria e non soffocare.

«Nessuno mi sentiva»
«Ascoltavo le voci dei soccorritori, ma loro non potevano sentire le mie grida di aiuto. Come si usa da noi: un triplice richiamo a cadenza di ogni minuto». Ma non la sentivano nonostante il silenzio che si impone sempre in questo genere di ricerche. Lo schermo della neve annulla i richiami. Ormai era disperata, vedeva arrivare la morte. Invece è arrivato Zacho.

Pochi giorni d’ospedale
Dopo pochi giorni di ospedale a Domodossola, Margaret Leyland ha potuto rientrare in Canada con il marito. Zacho è diventato giustamente una star, invitato a Macugnaga con Alberto Borgna per una serata di festeggiamenti e alle televisioni italiana e canadese. È poi morto di vecchiaia dopo un lungo e onorato servizio a favore dei travolti dalle valanghe.



IL CANE ZACHO E BORGNA
(FOTO BORGNA)
Zacho-e-_Borgna



Edited by lakibambu - 5/2/2018, 05:48
 
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view post Posted on 9/1/2018, 21:30
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Grazie, Laki temerario, ecco dove eri diretto oggi, così veloce!!

:2: :wub: :wub: :wub:

 
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