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| Nonostante sia accusato di essere ipercalorico e carico di colesterolo, il formaggio mantiene un posto sul podio dei cibi più apprezzati. Un italiano ne consuma mediamente 20 chili all'anno, poco meno di quattro etti alla settimana. Un po' troppo, in verità, secondo i nutrizionisti. «In una dieta ideale, i formaggi sono consigliati due o tre volte alla settimana», dice Andrea Ghiselli (puoi chiedergli un consulto), ricercatore dell'Istituto nazionale per gli alimenti e la nutrizione di Roma. «La quantità? A pasto una porzione da 50 grammi di stagionato o da 100 di fresco». Grandi virtù, insomma, anche se non bisogna sottovalutare l'alto apporto calorico dei latticini. Deve ricordarlo chi è abituato a concedersene abbondanti porzioni a fine pranzo o cena, quasi fosse un contorno. Il formaggio non andrebbe associato abitualmente alla carne o alle uova: va considerato sia nella quantità, sia nella qualità, ma pure in rapporto a tutti gli altri cibi mangiati nel corso della giornata.
I vantaggi rispetto alla carne Il formaggio va considerato un secondo piatto a tutti gli effetti, non solo per il contenuto calorico, ma soprattutto per l'apporto di proteine di grande digeribilità e ad alto valore biologico, ossia quelle che contengono gli otto aminoacidi considerati essenziali. Basti pensare che un etto di caciocavallo ha 37,7 grammi di proteine (una bistecca appena 20), a fronte di un fabbisogno giornaliero di circa 45 grammi per una persona adulta che pesa circa 60 chili. Tutti i tipi di formaggi ne sono ricchi: parmigiano, groviera, grana, Emmental ne forniscono da un minimo di 28 a un massimo di 34 grammi (per un etto); le caciotte da 24 a 27; robiola, scamorza, stracchino, fontina, mozzarella si attestano su 20 grammi. I più poveri sotto questo aspetto nutrizionale? Mascarpone e ricotta, rispettivamente con 7,6 e 8,8 grammi. E c'è un altro vantaggio rispetto alla carne. «Durante la lunga maturazione degli stagionati, la caseina, la loro principale proteina, subisce un processo di scissione a opera di alcuni enzimi», dice Alfredo Vanotti (puoi chiedergli un consulto), docente alla scuola di specializzazione clinica e dietologia all'Università di Milano Bicocca. «Questo processo porta alla formazione di aminoacidi liberi, che vengono prontamente assimilati dal nostro corpo: in pratica sono proteine predigerite».
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